Il nero liquido sorge dall’Invisibile, avanza con il pennello sulla superficie bianca, come un fiume scorre sulla terra, solcando e scolpendo la sua strada, via via eludendo ostacoli, via via sgretolandoli. Sorge, casca, si schianta, schizza, poi prende il suo corso, ora lento quasi immobile, ora veloce senza pause.
Tralascia delle parti, dimentica nella sua traccia del bianco, torna su sé stesso. Quindi termina, ma prosegue nell’invisibile. Nulla deve restare incompiuto, niente ripensamenti: l’azione quando comincia non può fermarsi, pena la rivolta semantica, l’insurrezione del simbolo.
Nulla è più temibile della ribellione del segno, vera sciagura e iattura del gesto, interrotto e inibito dal deforme pensiero, che deve invece tacere, muto osservatore non giudicante. Contemplazione, ecco quel che ci vuole! Contemplazione che segue l’azione, contemplazione del campo arato dall’azione.
Nulla che non sia compiuto, nulla che non corrisponda all’ordine divino già predisposto. Ogni tratto è stato eseguito come doveva essere eseguito, ogni segno è riflesso di un segno celeste. Ciò che è in basso specchia ciò che è in alto, e là ritorna. Dall’Invisibile al visibile, dal visibile ritorna nell’Invisibile.
Tutto è velato e disvelato, nascosto e manifesto, oscuro e luminoso ad un tempo. «Marte & Venere (ermetici) sono l’Agente e il Paziente dei filosofi.» Sono Kirikomi e Ukedachi, l’inchiostro nero e il foglio bianco.
Nasce a Milano il 22 Novembre del 1963.
Giorgio Bulzi nasce pittore all’età di sei anni, sotto lo stimolo entusiasta del padre; sin da quell’età è affascinato dai segni ideografici orientali. Attivo nei movimenti della controcultura giovanile, veloci incursioni negli ambienti punk. Compie i suoi studi svogliatamente, bazzicando di rado l’università: i suoi veri studi, che proseguono tutt’ora, li svolge e li compie fuori e lontano dagli ambiti accademici, e spaziano dalla geometria pitagorica al simbolismo e all’architettura medievale, dalla cultura giapponese alle dottrine Indù, dalla filosofia ermetica alla storia e tradizione della Cavalleria.
Apre il suo primo studio nel 1988 a Milano, dopo essere stato assistente di Dangelo. Le prime esposizioni, le prime vendite, le prime ricerche nella calligrafia estremo – orientale. Inizia la pratica del kendo.
Numerosi mestieri, illustratore per l’editoria per bambini, grafico editoriale e art director; insegna Educazione all’immagine presso alcune scuole elementari. Si occupa di design per complementi d’arredo, allestimenti fieristici, ambienti e decorazione d’interni. Attività di curatore di esposizioni di artisti esordienti, redattore di testi critici, conferenziere sugli argomenti dei suoi studi. Crea il marchio Juliet’n’Romeo per la raccolta, diffusione e attuazione delle ricerche effettuate. Frequenta ambienti e circoli iniziatici. I suoi rapporti con il sistema dell’arte e il mercato sono spesso tesi, la sua natura, non sempre usa al compromesso, gli fa rifiutare qualunque ipotesi di “carriera d’artista”.
Prosegue lo studio della scherma giapponese e si iscrive al Tengukan Heiho Dojo, diretto dal maestro d’armi Claudio Regoli, gentiluomo di straordinaria cultura; sotto la sua guida è iniziato in una scuola antica, la Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu. Approfondisce le sue conoscenze intorno alla calligrafia shodo.
Nel 2003 chiude lo studio e inizia a viaggiare per mare: come secondo di bordo in diversi equipaggi, approda in Spagna, Portogallo, Baleari, Marocco, Algeria, Tunisia, Malta, Cipro, Canale di Suez, Sudan, Eritrea, Djibouti, Yemen, Seychelles. Conclude l’esperienza nel 2009.
Nuovamente sulla terra ferma apre un nuovo studio a Milano.
La sua pittura si dirige sempre più verso tutta la tradizione e corrente gestuale, segnica e calligrafica, sia americana che europea, verso Yves Klein e il Gruppo Gutai, Franz Kline, Mark Rothko e gli altri Giovani americani arrabbiati. Sperimenta, con sempre più frequenza, smalti industriali (che usa come fossero inchiostro…) e carta di ogni tipo, sia preziosa che da imballo, pennelli orientali e pennellesse da artigiano. Si applica nella realizzazione del motto samurai “Bun bu ryoto”: “Pennello e spada: le due ruote dello stesso carro”. Orienta le sue ricerche nell’antichità più profonda: shintoismo, sciamanesimo mongolico, culture preelleniche, nella certezza di trovare – prima della sua dipartita… – la Natura primordiale, vergine, autentica e incorruttibile, e assaporare la divinità.
È alla ricerca di un erede, cui affidare in futuro la sua biblioteca.